
Anche i commercianti alzano la voce sulla scia delle proteste di ristoratori, autonomi e partite Iva che hanno preso piede sabato in città e proseguite ieri con la mobilitazione promossa dagli ambulanti in giro per il capoluogo e che ha visto la partecipazione congiunta delle categorie colpite da restrizioni e chiusure.
Una delegazione guidata da Gianluca Alviggi, presidente di Confesercenti Benevento, è stata ricevuta in mattinata dal prefetto Torlontano a culmine di un sit-in dinanzi Palazzo del Governo che ha visto scendere in campo anche i rappresentanti dei mercati rionali. Durante il vertice i portavoce hanno presentato un documento unitario riadattato su scala provinciale con la richiesta di prendere in considerazione i parametri di densità demografica e di casi nelle Asl di riferimento per valutare effettive chiusure. Il prefetto se n’è fatto carico e lo inoltrerà a Roma insieme alle richieste pervenute da altri settori: “Il loro auspicio è di riaprire e poter lavorare con le dovute cautele. So che c’è stata un’apertura del Comune negli aiuti per quello che è possibile” ha commentato Torlontano che ha in agenda sabato un incontro con il comparto florovivaistico.
Pesante lo sfogo del presidente di Confesercenti che ha voluto dare voce alle istanze di una categoria allo stremo e che “non riesce nemmeno a pagare le bollette. Ci hanno tolto un anno di vita e bruciato 20 anni di attività commerciali: oltre 3mila partite Iva a Benevento non riapriranno più. Hanno creato un’assurda differenziazione dei codici Ateco per i quali uno che vende l’intimo in 20 metri quadri è autorizzato e lì non è untore come invece un’attività di 200 metri quadri chiusa che vende calzature, abbigliamento, gioielleria. Dopo un anno torniamo al punto di partenza e se in prima istanza avevano dato qualcosina, oggi con questo concetto algebrico del 30% di perdita annua lasciamo fuori il 70% delle imprese, perché non si è capito come mai non si sia tenuto conto dei periodi di lockdown e delle attività chiuse da 170 giorni. A marzo scorso abbiamo adeguato tutti gli esercizi commerciali, le aree, le piazze così come il regolamento dell’epoca diceva. Poi improvvisamente non valeva più”.
Aggiungendo il concetto della differenziazione territoriale: “I commercianti sanniti vivono una penalità atavica che negli ultimi 10 anni li ha visti regredire. Non abbiamo i porti, i lungomari o il turismo massiccio, abbiamo un’identità e sofferenze diverse. Numericamente non abbiamo le proporzioni dell’area partenopea, non ci sono resse e possiamo garantire il commercio in sicurezza”.
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