Essere "Freelance", l'ultimo lavoro dello scrittore e giornalista Nuccio Franco

freelance 4 febbraioSabato, 4 febbraio, l’ultimo lavoro di Nuccio Franco, FREELANCE, ha fatto tappa in terra madre, a Telese. Il centro culturale Ing. Emilio Bove, è stata la magnifica casa dell’evento. Martino, il protagonista del libro, ha raccolto larghi consensi ed ha fatto vivere momenti di grande emozione. Il sindaco di Telese, Pasquale Carofano, il consigliere delegato alla cultura, Giovanni Liverini, la scrittrice Maria Pia Selvaggio, hanno relazionato in merito al libro. Ha moderato l’incontro la giornalista Maria Grazia Porceddu.

Nuccio Franco è giornalista e scrittore sannita, ma attivo professionalmente a Roma.

Chi è Martino e quanto di personale c’è nella sua storia?

Martino è innanzitutto una persona innamorato del proprio lavoro, nonostante spesso sia impossibilitato ad esprimere le proprie capacità. Tuttavia, non si tira mai indietro spinto da quella passione maturata sin da ragazzo per la verità, quando suo padre lo portava con se in redazione e lì fantasticava tra giovani redattori, squilli di telefono e toni sopra le righe. Crescendo, sviluppa la consapevolezza di dover raccontare obiettivamente e liberamente i fatti senza essere costretto nell’alveo dell’informazione partigiana. E questo gli comporterà parecchie difficoltà, da ultima il licenziamento dalla redazione di un importante quotidiano per aver rifiutato di fungere da “tagliatore di teste” per il nuovo editore. Non è stato difficile raccontare questo personaggio in quanto a lui mi accomunano parecchie cose. Si tratta, in sostanza, di un romanzo autobiografico, almeno nella prima parte.

Semplicità e temi importanti ed attuali sono da sempre i tuoi tratti distintivi. Quanto è stato difficile spiegare il giornalista freelance al lettore?

Non è stato difficile raccontare la vita del freelance ai lettori anche se, spesso, questi hanno una visione distorta del mondo del giornalismo. Molti non hanno idea delle difficoltà quotidiane, dell’uscire la mattina di casa alla ricerca della notizia, circostanza affatto scontata, del tirare tardi in redazione, della retribuzione (quando c’è!) che a volte sfiora il grottesco, dei pericoli che si corrono quando lavori da freelance. Ecco, ho cercato di raccontare tutto questo in maniera che la consapevolezza di un mestiere difficile ma affascinante potesse essere percepita per quello che è realmente un po’ da tutti.

Cosa manca per arrivare a riconoscere il giornalista come professione, secondo te?

Il giornalismo è una professione….di serie b a certi livelli ed in certe regioni. Reputo opportuno innanzitutto rivedere poteri e funzioni dell’Ordine che, così com’è concepito oggi, stenta a fornire  tutele concrete. In secondo luogo bisogna intervenire, e con urgenza, alla realizzazione di un quadro legislativo di riferimento chiaro, che eviti il proliferare di una totale deregulation contrattuale, con tutto ciò che ne deriva. Inoltre c’è la necessità, rivedere le norme sull’equo compenso. Non è possibile parlare di informazione libera e indipendente quando chi lavora nelle redazioni è sottopagato, ergo spogliato dei propri diritti e, quindi, ricattabile. A uscirne malconcio è un intero sistema che paga anche l’assenza di editori puri.

Un ultimo accenno ai corsi di formazione continua. Così come articolati non consentono una seria formazione ma si riducono ad una mera rincorsa al credito formativo.

 

 

 

 

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