Far filosofia e modo di vivere, ebraismo e cristianesimo: “L’inquietudine” di Guido Bianchini
Scrittore sannita, Guido Bianchini, esordisce con “L’inquietudine dell’Altro”: al centro il suo modo di far filosofia. L’inquietudine racconta il suo punto di vista, le sue passioni che muovono il suo modo di vivere: “Il Benevento nella fase di ricerca e stesura di questo testo (durata quasi 3 anni) è stata la migliore valvola di sfogo, ciò che mi riportava al senso comunitario della vita in città”.
“L’inquietudine dell’Altro”: di filosofia, non autobiografia, di Ebraismo, ma non strettamente di religione. Quindi, di cosa tratta?
“Vincenzo Vitiello, mio maestro di filosofia all’Università di Salerno che ha scritto la prefazione al testo lo definisce un’ autobiografia che parla di me pur non dicendo di me, perché ha colto nell’inquietudine il filo sottile che lega il mio modo di far filosofia con il modo di vivere. Il testo si colloca a metà strada tra filosofia e religione proprio perché cerca di trovare un punto di contatto, una problematica congiunzione tra queste due sfere dell’esistenza, pur rispettandole nelle loro specificità. Stesso connubio incerto che si cerca di mantenere nel confronto tra ebraismo e cristianesimo, per cui il libro aspira ad essere una riflessione prettamente filosofica e non religiosa sulla necessità e sulla possibilità di un dialogo interreligioso tra questi due monoteismi”.
Guido in cerca di Dio, o Dio in cerca di Guido?
“Non so se Dio mi cerca, dovresti chiederlo a Lui! Di sicuro non lo cerco, se dai alla ricerca il senso di un incontro totalizzante o comunque dell’anelito alla fede, anche perché penso che la fede sia dono dell’Altro legato ad un accadere non pianificabile. Mi limito ad interrogarmi sul ruolo della religione nel nostro tempo. Mi inquieta non poco la riduzione del religioso a pretesto di violenza e sopraffazione e nel mio piccolo seguo la scia di chi invece crede nella necessità del recupero della riserva etica racchiusa nei monoteismi come anticorpo al dilagare del fanatismo. L’ umanesimo biblico infatti pone al centro la cura e la responsabilità per l’altro uomo come testimonianza concreta della fede nell’Altro e dunque abiura decisamente ogni forma di violenza”.
“Hegel: trionfo e crisi della ragione”: Hegel metafora del Benevento in B?
“Hegel è stato inserito nel testo come esempio titanico del paradigma chiuso della ragione filosofica occidentale, la quale pretende di fagocitare tutto: il tempo, la storia, la vita pur di poter ricondurre tutto a sé, ad un sapere chiuso che mai vacilla e fa circolo su se stesso. I pensatori della modernità ebraica trattati nei capitoli successivi ( Rosenzweig e Lèvinas), cercano una via d’uscita a questa chiusura paradigmatica attraverso il recupero della dimensione “altra” della loro tradizione religiosa.
Il Benevento nella fase di ricerca e stesura di questo testo (durata quasi 3 anni) è stata la migliore valvola di sfogo, ciò che mi riportava al senso comunitario della vita in città strappandomi piacevolmente a mesi di necessaria immersione nei libri. Se proprio vuoi una chiosa filosofica sulla serie B: Paolo nella Lettera ai Romani diceva che la speranza autenticamente cristiana è speranza che non vede. Per chi crede nel Benevento la serie B era la speranza quasi messianica di più generazioni e anche se la vedo ogni sabato allo stadio io ancora faccio fatica a crederci”.