“Potrebbe andare peggio”, una presa di coscienza in un gioco, amaro, di parole

davide-de-reiDomenica sera, 17 dicembre,  presso il circolo virtuoso Bukò, si è tenuta la presentazione di “Potrebbe andare peggio”, autore Davide De Rei , giovane scrittore sannita, che con  quest’ultimo lavoro ha riscosso un successo non indifferente. Ora, augurandogli di poter salire sul palco del “Premio Strega”, speriamo anche che scrittori come lui possano moltiplicarsi. Anche se di De Rei ce n’è uno solo.

Chi è Davide De Rei?

“Questa domanda me la sono posta il giorno dopo un concerto degli Afterhours del loro tour “Io so chi sono”, appunto sulla cognizione della propria identità. Da quella domanda è nata la Biografia (ai minimi termini) che chiude oggi Potrebbe andare peggio:

Biografia (ai minimi termini)

Davide De Rei nasce poco prima della caduta del muro di Berlino in una piccola città dell’entroterra campano in origine sannitica, divenuta poi romana, poi longobarda e infine pontificia. Nella convivenza degli opposti (testimoniata anche dai convulsi passaggi nominali da  Maleventum, poi Beneventum  e, per adesso, Benevento) e respirando un’aria impregnata di leggende, stregoneria e smog, sin da bambino Davide non può che avere oggettive difficoltà riguardo l’ortodossia e i suoi percorsi canonici.

Per cui si diploma al Liceo Scientifico, si laurea in Lettere Moderne e, attualmente, si interessa di Cooperazione Sociale.

Nel Luglio del 2001, tra le immagini del G8 a Genova, scopre di credere in Dio.

Musicofilo, lettore compulsivo, si emoziona davanti ai film di Stanley Kubrick, si commuove di fronte Charlie Chaplin e ride ogni volta con S.P.Q.R. di Carlo Vanzina.

Con il mio  libro ha pubblicato nel 2015 Benedetta Maledizione, percorso intertestuale tra Pier Paolo Pasolini e Dante Alighieri (e sua Tesi di Laurea Magistrale).

Per lo Stato italiano è “Dottore in Filologia Moderna” e non passa giorno in cui egli non si chieda cosa questo voglia dire.

Se dovessi essere estremamente sintetico, direi che Davide De Rei è una persona alla quale hanno insegnato bene il valore della curiosità, con la bellezza e i rischi che questo comporta”.

“Potrebbe andare peggio”: è un libro, una presa di coscienza o un augurio?

“Potrebbe andare peggio è il tentativo di camminare sospesi su un confine, e mi piaceva l’idea che questo confine si trovasse sulla carta. Per deformazione (non)professionale quello che mi interessa è sicuramente raccontare delle storie, e quindi sì, è un libro. È per molti aspetti anche una presa di coscienza, certo non dolcissima, ma abbastanza comune: racchiude in sé quella specie di inganno che facciamo a noi stessi quando ci autoconvinciamo che “potrebbe andare peggio”. Non mi sento di darlo come augurio perché, come dicevo, è un meccanismo abbastanza amaro”.

Presentazioni, gradimento smisurato dei lettori, copie esaurite e ristampa: a quando il Premio Strega?

[risata fragorosa]

Diciamo che vivo tutto questo come “gioco di parole”: la vendita è il gioco che permette ovviamente al libro di circolare il più possibile e le presentazioni sono bellissime occasioni di confronto non solo sul libro ma sui non pochi temi che questo, in maniera più o meno nascosta, tenta di raccontare. Io ad oggi non so se il Premio Strega, che in Italia è sicuramente ancora il primo premio per la letteratura, abbia ancora voglia di  “giocare”. Spero ovviamente di scoprirlo! E se dovesse accadere non potrò fare a meno, anche solo per un attimo, di pensare a Bob Dylan, che non ha ritirato tra le sue mani “il premio dei premi” ma ha lasciato all’Accademia delle parole straordinarie sul senso della letteratura”.

Booktrailer

 

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