Social Sport – Oltre le sbarre, l’avventura sportiva in giallo di Gerardo
Giallo come il cartellino che hanno avuto nella vita, Dozza come il nome della casa circondariale di Bologna. “Giallo Dozza” è il nome del progetto di rieducazione avviato all’interno della casa circondariale di Bologna “La Dozza” dove è nata una squadra di rugby composta interamente da detenuti che partecipano al campionato di C2. Ragazzi che hanno deciso di scontare la loro pena condividendo assieme i valori fondanti di questo sport: passione, aiuto reciproco, dedizione e sacrificio. Gioca nel ruolo di tallonatore Gerardo Sabella, beneventano tra i primi ad iniziare questa avventura. Come lui tanti altri giovani detenuti si sono avvicinati a questo sport condividendo assieme la voglia di allenarsi per migliorare. “Non avevo mai giocato prima a rugby, mi sono avvicinato al progetto- ha raccontato- perché mi ha aiuta a non pensare, perché sentirsi impegnato in qualcosa qui dentro per noi è qualcosa di grandioso”. Il rugby che aiuta a sentirsi liberi e va oltre le sbarre. L’iniziativa è nata nel 2013, così come racconta Stefano Cavallini presidente dell’associazione sportiva Giallo Dozza Bologna rugby 1928. “Ho incontrato prima il presidente del Bologna Rugby 1928 Paolini insieme abbiamo preso contatti col provveditorato regionale delle case di pena, con l’allora direttore del carcere di Torino diventato poi il capo del dipartimento della Regione Emilia Romagna, Pietro Buffa. È stato poi costruito un protocollo di impegni che ha coinvolto anche il carcere di Bologna. Nel maggio 2014 abbiamo cominciato le selezioni, siamo andati in carcere e sulla base dell’interpello che è documento che viene distribuito per aderire abbiamo verificato i requisiti dei detenuti”. Non tutti possono infatti aspirare ad entrare in squadra, quelli che hanno commesso reati di (mafia, violenza sulle donne, pedofilia) sono esclusi. “Siamo poi passati ad una seconda verifica tecnico attitudinale”. Dopodiché una trentina di detenuti che non hanno mai visto una palla ovale hanno iniziato ad allenarsi. Quattro mesi di lavoro durissimo concretizzati con la partecipazione ad un campionato,”così dal novembre 2014 partecipiamo alla C2 un po’ alla volta abbiamo detto la nostra con partite ovviamente disputate tutte in carcere, giocando contro le altre città e contro liberi cittadini”. Giovani che il sabato pomeriggio incontrano giocatori detenuti e con loro condividono i terzo tempo, creando amicizie contatti e confronti una crescita collettiva. “Quest’anno è il terzo anno e continuiamo a farci valere- ha spiegato il presidente – costruiamo giocatori che quando escono dal carcere continuano a giocare. Un’esperienza unica per i detenuti ma anche per chi collabora attivamente al progetto, lo ha spiegato Massimiliano Zancuochi tecnico del giallo Dozza ex giocatore del Bologna 1928. “I primi allenamenti sono stati didattici, in un’aula della biblioteca dove abbiamo mostrato video per spiegare i ruoli, e per dare una base didattica compreso di regole. Abbiamo cercato di trasmettere loro i principi perché volevamo dargli la possibilità di vedere il rugby come redenzione. La cosa più complicata ha aggiunto: “E’ stato trasmettere il concetto di squadra” il lato comportamentale, ha sottolineato l’allenatore: “È la parte più difficile da curare perché ognuno ha i propri problemi i propri pensieri”. La cosa più bella: “È sentirsi dire se avessi conosciuto il rugby prima forse non sarei qua”. Considerevole anche il cambiamento di questi ragazzi testimoniato anche degli agenti della casa penitenziaria:” Hanno modificato il loro modo di essere si aiutano nelle piccole cose” il sostegno, appunto, quello che si danno in campo durante la battaglia lo stanno riportando nella loro vita, anche perché conoscono bene la regola base del progetto: chi si comporta male è fuori. Stefania Repola