Non incaponirsi bensì imparare a rimediare, non tutte le partite nascono sotto una buona stella. Al Benevento di Fabio Caserta è mancata la capacità di immedesimarsi nella gara del ‘Moccagatta’, concetto che il tecnico giallorosso ha lucidamente espresso nell’immediato post-gara. L’impressione è che l’Alessandria ne avesse di più: corsa, intensità, tenuta fisica, grinta. Perché no, anche voglia, quella che è venuta meno tra i giallorossi nel momento in cui si sono resi conto che era impossibile rispettare lo stesso canovaccio visto contro Monza e Spal (per almeno un tempo).
Man mano che i piemontesi prendevano in mano le redini del match, cresceva la consapevolezza che sarebbe stato un pomeriggio grigio tendente al nero. Letizia e Masciangelo non sono i due treni che hanno percorso la fascia andata e ritorno in quel di Ferrara, con gli esterni di Longo bravi a raddoppiare e ad andare sempre a rimorchio. Il pertugio lo trovano sempre, lo scarico sull’uomo libero e la palla sul secondo palo è una trama ricorrente che mette in seria apprensione la Strega sino al gol di Lunetta, giunto seguendo il solito spartito così come il raddoppio firmato Chiarello. Al netto di errori e carenze individuali, è l’intero sistema Benevento a crollare senza attenuanti sotto i colpi di un’Alessandria volenterosa. A volerne cercare non ce ne sono, perché riesce difficile anche aggrapparsi al palo e alla malasorte quando in campo mancano i requisiti base di una prestazione quantomeno da promuovere nonostante il risultato.
Non sempre tutto va come deve andare, dunque: la lezione che bisogna trarre da una giornata in cui non c’è praticamente nulla da salvare è questa. Perché il Benevento, se ambisce a recitare un ruolo da protagonista fino a fine campionato, dovrà imparare soprattutto ad affrontare e gestire gli eventi senza pretendere che questi girino sempre a proprio favore. E’ capitato contro il Monza, ma non inganni: le due trasferte successive, in cui si è raccolto un solo punto, hanno evidenziato un Benevento ancora in fase di rielaborazione del lutto dopo la rottura tra Lapadula e la società. Sostituire il capocannoniere e calciatore simbolo, non è proprio un esercizio dei più facili: non è una questione di rimpiazzi, quanto di equilibri e abitudini consolidate ma all’improvviso stravolti.
Per i nuovi innesti serve tempo, Caserta nel frattempo dovrà ridipingere l’identità di una squadra che faceva affidamento sul Bambino delle Ande. Innegabilmente anche lui si è goduto i gol e le giocate dell’italoperuviano, e per non rimpiangere la sua assenza ha richiamato a sé il figliol prodigo Francesco Forte, che lavora per scalzare Moncini nelle gerarchie d’attacco. Anche il tecnico, però, nelle due ultime uscite è parso disorientato e in difficoltà nel porre i giusti correttivi. Il cambio punta per punta nell’intervallo ha sortito un effetto placebo, il passaggio al 4-2-3-1 un palliativo quando oramai la gara era già compromessa. Caserta e la sua Strega avranno il tempo di rigenerarsi, nel bel mezzo della sosta il mercato chiuderà le porte. Chissà se anche al passato, definitivamente.
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